Vocabolario Solitario
Blog di Melania Ciampolini
sabato 5 febbraio 2022
Sesso
venerdì 4 settembre 2020
Famiglia
In questi giorni si chiude un cerchio importante per me e la
parola famiglia scolora in un volume della mia storia che ha un suo posto nella
parte alta della libreria, quella che si raggiunge con la scala. La costola
sfilacciata, alcuni fogli staccati, un fiore, o meglio un ago di pino tra le
pagine ingiallite.
Quando un cerchio si chiude, si generano, come per magia,
due spazi distinti dove prima non vi era soluzione di continuità. L’unità sacra
e inviolabile si è incrinata e la crepa ha fatto la sua strada fino al punto
dal quale era originata. Chiudere il cerchio consente di lasciare fuori chi e
cosa quell’unità ha distrutto. Al tempo stesso offre la possibilità di
preservare all’interno ciò che quell’unità ha nutrito e che di essa si è
nutrito.
Se mi chiedo cosa sia la famiglia e se la sua sostanza resti
dentro o fuori dal cerchio, devo ammettere che ciò che resta sono memorie e
nostalgia di un’unità perduta, un sentire magari anche comune, ma sicuramente
non condiviso.
La familia latina
era originariamente costituita dagli schiavi della casa, una sorta di
pertinenza. Anche oggi il concetto di famiglia resta per lo più legato alla
coabitazione, prevista peraltro dal codice civile, che struttura l’istituzione per
gradi e ruoli con precisi diritti e doveri. Un’obbligazione giuridica prima
ancora di una volontà spontanea. Chi mi conosce sa che, a differenza di coloro
che considerano il matrimonio civile un rito squallido, ho sempre apprezzato la
lettura degli articoli del codice civile che sanciscono diritti e doveri dei
coniugi: fedeltà, assistenza morale e materiale, collaborazione nell'interesse
della famiglia e coabitazione. Questo perché non ho mai pensato ai legami
amorosi come a una vicenda esclusivamente romantica e passionale. Se è indubbio
che sia possibile essere fedeli, collaborare e coabitare senza amarsi è, a mio
avviso, improprio, definire “amore” un legame che non si fondi su tali basi.
Oggi, nella cosiddetta società liquida,
deresponsabilizzazione e individualismo sono la nuova religione fondamentalista.
La conseguenza di ciò è che la famiglia arriva fin dove arriva “la buona
sorte”, difficilmente oltre. Qualche sera fa ho ascoltato con interesse e
piacere Sandro Veronesi durante la manifestazione “la città dei lettori”, in
quell’occasione lo scrittore toscano, ha affermato che la famiglia non esiste
più, ha cessato di esistere quando ha cessato di essere indissolubile.
In parte sono d’accordo con lui. Sicuramente la famiglia non
è più la stessa e quando gli psicologi ci ripropongono modelli genitoriali o
affettivi fondati su categorie come “ruolo”, “autorità” ed “esempio”, provo la
sgradevole sensazione che si siano trasferiti tutti su un altro pianeta dimenticandomi
quaggiù alle prese coi social e a fronteggiare armata di freccette una
trasformazione epocale della società assimilabile a una bomba atomica.
La famiglia non è più indissolubile e quando il cerchio si
chiude viene lasciata fuori, lontana nello spazio e nel tempo. Al suo posto,
ovvero accanto ad alcuni eroici esempi di famiglie in via d’estinzione come
orsi e koala e di singoli affezionati all’anacronistica indissolubilità, ci
sono una molteplicità di “esperienze solidali e pseudo-familiari” alle quali i
soggetti partecipano sulla base di un’economia delle scelte dettata dal
benessere reciproco.
Forse in una società longeva come la presente, la
competizione naturale non è più volta a riprodursi ma a garantirsi le migliori
condizioni di vita il più a lungo possibile. Il comportamento più adattivo è
ovviamente quello che supera l’individualismo in una solidarietà che implica
cura e sostegno di un gruppo, di una comunità, di una pseudo-famiglia in
un’economia delle scelte dettata da affetto e attenzioni. Non chiamiamoli
“congiunti”, se possibile, spostiamo l’attenzione dal vincolo all’impegno. La
famiglia o le pseudo-famiglie necessitano adulti responsabili che si assumano
oneri e scelte nell’interesse di una persona o un gruppo di persone. Corresponsabili,
complici, solidali. Soggetti che assumono spontaneamente un compito, che non è
un dovere scritto e che non può limitarsi alla ricerca del benessere
individuale. Più che di affetti stabili, forse si dovrebbe parlare di affetti responsabili.
Il concetto di “pertinenza” implicito nel termine latino si trasferisce su un
piano diverso per necessità all’interno di un’epoca nella quale la domus ha
perso il ruolo centrale e aggregante che aveva in passato, le unioni sono
spesso caratterizzate da distanze anche transnazionali e al posto della
soffitta abbiamo il cloud. Forse si potrebbe pensare a un concetto di “coinvolgimento”,
che ha anche una connotazione più orizzontale e meno gerarchica.
Ciononostante la vetusta indissolubilità, se non supportata
dal diritto, può continuare ad essere una categoria dello spirito. Il fatto che
la legge mi consenta un comportamento non implica ovviamente che me lo imponga.
Perché mai, sapendo quanto tutto sia provvisorio e relativo, dovremmo darci
“per sempre” a qualcuno? Secondo quale logica dovremmo ritenere di poter
sfidare la cattiva sorte o anche solo il tempo?
Per un atto di fede. Uno slancio, un salto nel buio, una scommessa, una scelta. La fede nuziale è insieme simbolo dell’unione e cerchio chiuso che segna un limite e un confine (se non una pertinenza). Quello che sta dentro il cerchio è uno spazio dinamico che si espande o assottiglia seguendo la storia della singola famiglia e può diventare un cortile aperto e accogliente o uno scantinato buio di cui si è persa la chiave.
Foto mia |
Non so se davvero la Famiglia non esista più. Eppure
esistono la fedeltà, l’assistenza, la collaborazione. Soprattutto esiste la
possibilità di scegliere. Una gran bella responsabilità, da indossare ogni
giorno al posto di un cerchio vuoto. Se scegliere ogni giorno può apparire un’estrema
espressione di libertà e consapevolezza, è evidentemente anche una immane
fragilità e le vittime, per lo più indifese, di continue scelte libere e
liberatorie sono i bambini e i giovani che si trovano a crescere in un mondo
nel quale gli “adulti” si ostinano a non voler invecchiare o cedere loro alcuno
spazio né professionale né ludico, dopo aver sottratto loro quello familiare.
Negli ultimi mesi abbiamo anche deciso che la scuola è meno necessaria di una
pizzeria o di una discoteca e la vediamo solo come uno spazio aperto al contagio.
Che una società senza famiglia sia meno unita e solidale e
non abbia a cuore il futuro, dei più piccoli e del pianeta, mi pare evidente.
Magari dopo la familia latina, dopo la famiglia
indissolubile e dopo quella liquida i nostri ragazzi ci sorprenderanno con una
scelta rivoluzionaria: un atto di fede e di creatività che ricomponga l’unità
perduta e generi una famiglia nuova capace di essere un valore positivo aperto, paritario e moderno, ma durevole.
lunedì 15 giugno 2020
Distanziamento
sabato 28 marzo 2020
Deserto
sabato 7 marzo 2020
Contagio
domenica 11 agosto 2019
Stelle
Cimitero germanico della Futa - Foto mia |
sabato 29 giugno 2019
Estate
Foto mia |
-
Seduta nella nostra cucina con la schiena dritta, questo il ricordo più vivido della nonna Anna, forse perché quello abituale, l’esperien...
-
Si. Proprio quella parola lì. Ecco. Perché se ne fa sempre di meno, come dimostrano i numeri sulla natalità di un paese tra i più vecchi a...
-
La parola errore viene dal latino e deriva da errare. Nel girovagare quindi viene implicitamente individuata un’accezione negativa che non ...